Il diffondersi nel nostro paese del Coronavirus (nonostante si dicesse che il rischio era quasi nullo) ha indubbiamente modificato alcuni aspetti quotidiani della nostra vita, dobbiamo ammetterlo; anche se alcuni sono più spaventati e alcuni meno.
Ora ci laviamo più spesso le mani (ma perché prima non ve le lavavate?), abbiamo imparato a non affollare i Pronto Soccorso per malanni leggeri, non ci avviciniamo troppo alle persone….insomma un virus sembra averci dato una lezione mica da ridere: la civiltà e l’educazione.
Il mio commento sulla gente che prende d’assalto i treni ve lo risparmio…
Ma, a parte questo inizio dell’articolo con vena polemica, visto che questo è un blog di informatica, mi volevo soffermare proprio sull’aspetto tecnologico dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
Gli italiani hanno scoperto che si può fare smart working! Ovvio non tutti, ma una buona percentuale dei lavoratori che fanno lavoro in ufficio possono farlo…e incredibilmente gli imprenditori hanno capito che funziona!
Nei paesi nord europei, lo fanno da anni senza nessuna emergenza sanitaria e nonostante i risultati positivi siano dimostrabili e tangibili, a quanto pare i nostri imprenditori hanno sempre snobbato questa pratica, forse perché hanno paura di non avere il controllo totale del lavoratore. Non avevano capito forse che non siamo più a scuola e non c’è bisogno del prof che controlla a che ora entri e a che ora esci.
Adesso però che siamo in emergenza e le aziende rischiano di chiudere, hanno tirato fuori dal cilindro il lavoro da casa come se avessero scoperto l’acqua calda.
Lo smart working (o telelavoro come lo chiamiamo in Italia) ha già dimostrato risultanti grandiosi in Cina da dove tutto è partito, con un inquinamento ambientale ai minimi storici!
E anche nel Nord Italia, l’inquinamento è diminuito, ma con i lavoratori a casa che riescono comunque a produrre, senza necessariamente essere sotto la lente di ingrandimento di un capo che ti controlla se ritardi 5 minuti il tuo ingresso in ufficio.
Per non contare l’energia che si risparmia, lavorando da casa e non andando in ufficio.
Un minuscolo essere invisibile chiamato CO.VI.D 19, ci ha dato a tutti una dura lezione: ci ha insegnato che la paura, quando è forte, quando sfiora i limiti della tua sopravvivenza, ci fa guardare in avanti e ci spinge a superare barriere che mai avremmo immaginato di oltrepassare.
Allora, cari miei, quando tutto questo sarà passato (perché passerà tranquilli), ricordiamocelo.
Quando la paura lascerà la nostra sfera e il nostro ambito quotidiano ricordiamocelo che la tecnologia può aiutarci, se ben strutturata, a risparmiare tempo, salvaguardare l’ambiente e avere rispetto per gli altri.
Che il welfare aziendale non è per forza un regalo in denaro che si da per azzittire i dipendenti di un’azienda, ma il welfare aziendale è trovare metodi per far produrre il proprio collaboratore facendolo stare bene!
E se mi accorgo che i miei collaboratori possono lavorare da casa sempre, anche se non tutti i giorni, devo solo ringraziare la tecnologia che me lo permette di fare, ma soprattutto devo avere il coraggio di farlo!
E infine volevo sottolineare come a fianco di medici, infermieri, ricercatori e operatori sanitari, ci siano anche gli informatici che stanno avendo un ruolo fondamentale in questa emergenza; ad esempio gli sviluppatori di algoritmi che prevedono l’avanzare dell’infezione e tentano di combatterla grazie a previsioni matematiche che stanno aiutando in maniera concreta tutto il sistema a gestire al meglio l’emergenza.
Un grande lavoro di chi lavora in ambito di Data Science per trovare strumenti che analizzino una grossa mole di dati in maniera scientifica e con minimi margini di errore.
Le distanze nel mondo sono enormi, ma i dati volano alla velocità della luce e permettono di comunicare da ogni parte del globo in real time.
Insomma, in questo scenario che speriamo non sia apocalittico, la tecnologia sta avendo un ruolo fondamentale e questo è da sottolineare.
roberto.testini
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